Maslow dall’individuo all’organizzazione

Abraham Harold Maslow (Brooklyn, 1º aprile 1908 – Menlo Park, 8 giugno 1970) è stato uno psicologo statunitense e si è distinto come uno dei principali attori sulla scena della scienze sociali. Il suo frutto più noto è la teoria della gerarchia dei bisogni, i cui fondamenti concettuali sono graficamente rappresentati nella celebre “piramide di Maslow.”

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Alla base della suddetta teoria c’è l’idea che i bisogni dell’uomo, per definizione antecedenti della motivazione – cioè della spinta ad agire – possano essere categorizzati e messi in relazione tra loro. Questo attraverso la creazione di cinque “classi di bisogni” poste in rapporto sia tra loro stesse che con le aspettative degli attori sociali.

Gli assiomi di base sono i seguenti:

  • l’idea che un soggetto, non appena soddisfatta una determinata esigenza, sia spinto a soddisfarne un’altra appartenente alla classe immediatamente superiore;
  • l’idea che tali classi siano in relazione gerarchica tra loro, per cui solo una volta soddisfatti i bisogni di un determinato grado si passa a quelli posti nel livello superiore.

La teoria di Maslow, seppur sopravanzata dalle numerose evoluzioni e dagli affinamenti che hanno segnato il progresso delle scienze sociali ed economiche, è tuttora considerata una pietra angolare di varie dottrine. Appare evidente, infatti, come l’analisi dei bisogni umani sia fondamentale per valutare e influenzare i comportamenti economici degli attori sociali. Per ulteriori approfondimenti si rimanda ai testi dell’autore, tra cui si segnala innanzitutto  Motivation and Personality del 1954  e Toward a Psychology of Being  del 1962.

Lo scopo di questo articolo, tuttavia, è di superare non tanto un limite quanto una caratteristica della teoria, ovvero la sua applicazione finora destinata agli individui posti  all’interno di un’organizzazione (sociale, economica, governativa, ecc.). Il tentativo è quello di traslare il concetto per sovrapporlo a strutture collettive e organizzate. Entità sociali, antropologiche o politiche quali, ad esempio, una città, un villaggio, una comunità.

I bisogni primari che per la persona sono mangiare, vestirsi, dormire e cosi via, nel caso di un collettivo urbano si individuano nella necessità di disporre di servizi di base completi ed efficienti (strade, illuminazione, energia, provvista idrica…).

Allo stesso modo i bisogni di protezione si identificano nella sicurezza urbana, nella disponibilità di abitazioni, nella tutela del civile svolgimento delle relazioni umane e nella salvaguardia ecologica.

Arriviamo quindi ai bisogni sociali, ovvero ai bisogni di terzo livello: qui emerge il rapporto con il territorio e con le comunità circostanti. Con le istituzioni (poste orizzontalmente e verticalmente), con le associazioni, i movimenti, i gruppi di influenza.

Quarto gradino: la stima. se per l’individuo tale esigenza è quella di essere accettato e apprezzato, di veder riconosciuto il proprio impegno e il proprio valore, per una comunità si può pensare al bisogno di realizzare e vedersi riconosciute le buone politiche: attive, efficacie socialmente orientate. Questo si consegue tramite i feedback positivi e incoraggianti dai cittadini e dai visitatori e tramite l’affinamento continuo della tecnostruttura.

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L’ultimo e monumentale livello è quello dell’autostima o autorealizzazione. Come può manifestarsi il raggiungimento di un siffatto obiettivo nel caso di un’organizzazione comunale? Si può se la gestione collettiva della vita pubblica raggiunge standard talmente elevati da divenire un modello. Precostituire quindi una serie di regole, di pratiche, di processi e di relazioni valevoli oltre l’ambito specifico e che in seguito a un’attività di astrazione e modellazione possano essere applicate ad altre e multiformi realtà.

Luca Gaetano

Scienze e Economiche e Bancarie – Università di Siena
Management e Tecnologie dell’Informazione – Università di Bologna
Comportamento Organizzativo – Università Bocconi